A confronto con il Trust, la disamina delle caratteristiche del fondo patrimoniale lascia intravedere punti deboli nei quali può ben essere utilizzato l’istituto giuridico di common law, con precisione “chirurgica”, ad integrazione e/o in sostituzione del fondo patrimoniale.
L’articolo “Fondo patrimoniale e Trust” del Notaio Barbara Franceschini, è apparso nel n. 1/2009 della Rivista “Trust e attività Fiduciarie” – Ed. Wolters Kluwer Italia Srl, Direttore Scientifico: Prof. Maurizio Lupoi, commenta un decreto del Tribunale di Padova del 2 settembre 2008.
La portata innovativa del provvedimento risiede nel fatto che il Tribunale autorizza la “riduzione” del fondo patrimoniale e la istituzione del vincolo in Trust dei beni estromessi, che facevano già parte del fondo. In altri termini sembra essere stato scardinato il principio in base al quale il Trust possa essere utilizzato solo quando il diritto italiano non offra strumenti atti a regolare la fattispecie.
Perciò, con tale decreto, la giurisprudenza per la prima volta ha sostenuto che il Trust è lecito ogni qualvolta realizza interessi meritevoli di tutela non realizzabili con uguale efficienza con gli strumenti offerti dal nostro ordinamento. Non è necessaria quindi la mancanza dello strumento giuridico nell’ordinamento italiano, ma è sufficiente la sua maggior debolezza rispetto alla tutela offerta dal Trust.
Nel caso trattato: famiglia con figli minori, anche il Giudice Tutelare ha dato parere positivo.